Rosario Lavatino, 30 anni fa la mafia uccideva il giudice ragazzino

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Dall'ufficio Stampa di Codici

30 anni fa la mafia uccideva Rosario Livatino, il giudice ragazzino

30 anni fa la mafia uccideva Rosario Livatino, il giudice ragazzino

30 anni fa la mafia uccideva Rosario Livatino, di appena 38 anni, prima sostituto procuratore della repubblica e poi presidente delle Misure di prevenzione presso il Tribunale di Agrigento.

E’ stato soppresso perché amministrava la giustizia come una forma di servizio reso all’uomo e per il rigore e la severità nelle sue decisioni.

Egli ha individuato lo stretto legame che esiste tra mafia e affari concentrando le indagini sui collegamenti tra la malavita organizzata e gruppi imprenditoriali. Il Procuratore Generale della Corte di Appello di Palermo, nel ricordare il Collega, lo ha definito avanguardia etica prendendolo come riferimento per la magistratura che negli ultimi anni è stata interessata da episodi che hanno coinvolto singoli magistrati intaccando di molto il suo prestigio e la sua dignità. Anche il Capo dello stato Mattarella, presente alla commemorazione, ha detto che per combattere il malaffare è necessario opporsi alle logiche compromissorie e all’indifferenza che minano le fondamenta della società.

Livatino era una persona perbene che svolgeva il lavoro di magistrato con piena scienza e coscienza e nel lontano 1984 così scriveva: “ L’indipendenza del giudice non è solo nella propria coscienza, nella incessante libertà morale, nella fedeltà ai principi, nella sua capacità di sacrificio, nella sua conoscenza tecnica, nella sua esperienza, nella chiarezza e nella linearità delle sue decisioni, ma anche nella sua moralità, nella trasparenza della sua condotta anche fuori dalle mura del suo ufficio, nella normalità delle sue relazioni e delle sue manifestazioni nella vita sociale, nella scelta delle sue amicizie, nella sua indisponibilità ad iniziative e ad affari, tuttochè consentiti ma rischiosi, nella rinuncia ad ogni desiderio di incarichi e prebende, specie in settori che, per loro natura o per le implicazioni che comportano, possono produrre il germe della contaminazione ed il pericolo dell’interferenza.

L’indipendenza del giudice è infine nella sua credibilità , che riesce a conquistare nel travaglio delle sue decisioni ed in ogni momento della sua attività”. La sua coerenza di uomo lo portò pure ad affermare, malgrado la sua alta fede religiosa, che “ Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”. Nell’attuale crisi che attraversa la Magistratura soprattutto per i casi Saguto e Palomra, queste riflessioni sono molto attuali ed indicano il comportamento che le persone delle Istituzioni dovrebbero tenere nell’espletamento delle loro attività lavorative e sociali. Per l’ex magistrato è in corso il processo canonico di beatificazione e secondo papa Francesco “ Livatino continua a essere un esempio , anzitutto per coloro che svolgono l’impegnativo e complicato lavoro di giudice”.

Associazione Codici – Centro per i diritti del cittadino – Codici Sicilia Delegazioni di Palermo e Castelvetrano