Codici: dagli annunci sentimentali ai ricatti, in 16 a processo per truffa

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Codici: dagli annunci sentimentali ai ricatti, in 16 a processo per truffa

Codici: dagli annunci sentimentali ai ricatti, in 16 a processo per truffa

Passavano al setaccio siti di annunci a caccia di messaggi di utenti alla ricerca di un partner o di un’avventura sentimentale.

Dalle minacce ai ricatti

Una volta individuata la vittima, la contattavano fingendosi agenti della Polizia Postale, iniziando un ricatto fatto di richieste di denaro in cambio della promessa di non denunciare fantomatici reati. Questo lo schema adottato da 16 persone, finite a processo a Torino con l’accusa di aver truffato decine di vittime per un bottino di migliaia di euro. Una vicenda su cui l’associazione Codici interviene per sottolineare due aspetti.

Procura e denunce

“La prima questione che ci preme evidenziare – dichiara Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici – è l’azione della Procura. Altre volte abbiamo stigmatizzato il comportamento di PM che hanno preferito archiviare truffe invece di andare fino in fondo, come invece è accaduto in questo caso. Sedici persone sono finite a processo e ci auguriamo che venga fatta giustizia, considerando quanto accaduto alle vittime. E qui si inserisce la seconda questione. Il ricatto orchestrato dai finti agenti non ha prodotto solo un bottino da migliaia di euro, ma ha generato negli utenti contattati ansie e paure. Di fronte alla minaccia di rivelare tutto ai familiari o addirittura di essere arrestati, c’è chi è stato assalito dalla paura di vedere andare in frantumi la propria vita. È così che si spiegano i pagamenti, fatti per evitare di incorrere nella denuncia, di vedersi sequestrare dei beni, insomma per evitare guai. Anche in queste situazioni, è importante mantenere la calma. Non è facile, lo comprendiamo, ma la paura di presunte ritorsioni o il senso di vergogna non devono portare a scelte affrettate, come pagare multe non meglio precisate a fantomatici rappresentanti delle forze dell’ordine, che certamente non agiscono così. In questi casi bisogna denunciare. È così che si può arrivare al processo, a portare i truffatori in aula e ad avere giustizia, contando sull’attività di Procure determinate e volenterose, come quella protagonista di questa brutta storia”.

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