Lo spreco alimentare

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Dall'ufficio Stampa di Codici

Lo spreco alimentare

Lo spreco alimentare

L’argomento del consumo alimentare pone per i prossimi decenni una sfida importante a livello mondiale.

La FAO, infatti, ha previsto che la popolazione mondiale salirà fino a superare i 9 miliardi nel 2050 e che sarà quindi necessario produrre il 70% di cibo in più. Attualmente il costo economico stimato dello spreco equivale a circa 1000 miliardi di dollari/anno. A questo si aggiunge un notevole costo ambientale stimato dalla FAO come 250.000 miliardi di litri di acqua, 1,4 miliardi di ettari di terra e 3,3 miliardi di tonnellate di CO2 necessari per la produzione di cibo che non viene consumato. Secondo la FAO:

• 1,3 miliardi di tonnellate di cibo vanno sprecate ogni anno, mentre quasi 1 miliardo di persone soffre di denutrizione e un altro miliardo soffre la fame.

• Il consumo eccessivo di cibo produce effetti dannosi per la nostra salute e per l’ambiente.

• 2 miliardi di persone nel mondo sono sovrappeso o obese.

• Fenomeni di degradazione dei suoli, inaridimento dei terreni, utilizzo non sostenibile dell’acqua, eccessivo sfruttamento della pesca e degrado dell’ambiente marino riducono la capacità delle risorse naturali di provvedere alla produzione alimentare.

• Il settore alimentare rappresenta il 30% del consumo totale di energia, ed è responsabile del 22% delle emissioni di gas serra.

Le perdite e gli sprechi di cibo avvengono a diversi livelli del percorso dalla produzione al consumo finale:

FASE PRODUTTIVA E PRIMA TRASFORMAZIONE: con “fase produttiva” ci si riferisce a quanto avviene a monte della filiera agroalimentare, ovvero durante la coltivazione o l’allevamento, la raccolta e il trattamento della materia prima. In questa fase lo spreco maggiore avviene innanzitutto a causa delle scarse competenze nella gestione dei terreni agricoli, della mancanza di infrastrutture elettriche e idriche adeguate, di problemi di stoccaggio e trasporto delle merci. Questo scenario descrive principalmente le cause dello spreco dei Paesi in via di sviluppo dove:

• il 40% dello spreco avviene nella fase della raccolta quando la maggior parte dei prodotti resta a marcire nei campi;

• del 60% dei prodotti raccolti una parte viene persa durante l’immagazzinamento (il cibo viene conservato in luoghi non adatti e viene attaccato da roditori o altri animali), un’altra parte viene sciupata nella fase del trasporto che spesso avviene su mezzi sgangherati che percorrono strade impraticabili. Superfluo sottolineare come in questi Paesi lo spreco domestico sia quello più contenuto data la scarsa disponibilità di reddito delle famiglie.

FASE DI DISTRIBUZIONE: in questa fase gli sprechi più consistenti avvengono principalmente durante la trasformazione industriale dove, a causa di pratiche di marketing non appropriate, vengono scartati i prodotti che esteticamente potrebbero non incontrare il gradimento del consumatore. In questa fase rientrano gli sprechi dovuti alla errata distribuzione o alle produzioni in eccedenza che determinano il cosiddetto “invenduto”.

FASE DEL CONSUMO (RISTORAZIONE E CONSUMO DOMESTICO): in questa fase avvengono gli sprechi più consistenti principalmente nei Paesi ricchi, dove il problema si concentra alla fine della catena del cibo. Tra le principali cause dello spreco troviamo:

- le cattive abitudini di spesa di milioni di persone;

- l’inosservanza delle indicazioni poste in etichetta sulla corretta modalità di conservazione degli alimenti;

- le date di scadenza troppo rigide;

- la tendenza a servire porzioni di cibo troppo abbondanti;

- le promozioni, che spingono i consumatori a comprare più cibo del necessario.

In Europa si stima che circa un terzo degli alimenti prodotti non vengano consumati e che gli sprechi caratterizzino ogni stadio della catena. La Commissione Europea stima che nella sola UE vengano sprecati 90 milioni di tonnellate di alimenti (pari a 180 kg a persona), molti dei quali ancora idonei al consumo umano. Lo spreco alimentare è individuato come uno dei problemi da affrontare nella dell’UE. Dal rapporto sullo “Stato dell’alimentazione e dell’agricoltura 2019” presentato dalla FAO, tra i alimenti più sprecati, a livello mondiale, rientrano la frutta e verdura, seguite da cereali e legumi. Le perdite alimentari, inoltre, variano considerevolmente da una regione all’altra all’interno degli stessi gruppi di prodotti e fasi della catena di approvvigionamento. ... E L’ITALIA? In Italia le eccedenze alimentari domestiche sono pari a 8 Miliardi di 12 euro all’anno. A questa cifra vanno poi sommati le perdite in campo (circa un miliardo e 25 Milioni), gli sprechi in campo industriale (1 Miliardo e 160 Milioni) e nella distribuzione (1 Miliardo e 430 Milioni). Si arriva così al valore di 15 Miliardi e 615 Milioni di spreco alimentare medio annuo. Secondo uno studio del “Food Sustainability Index” l’Italia è al 4° posto nella lotta allo spreco alimentare, grazie a politiche messe in campo per ridurre gli sprechi a livello industriale. Al fine di ridurre gli sprechi dal campo alla tavola, la Legge 19 agosto 2016 n. 166, c.d. Legge Gadda (dal nome della sua prima firmataria, l’Onorevole Maria Chiara Gadda), dà particolare valore al concetto di eccedenza alimentare, riferito proprio alla possibilità donare gli alimenti rimasti invenduti o che non siano più idonei ad essere commercializzati per alterazioni dell’imballaggio ma che sono ancora conformi alle regole dell’igiene e sicurezza alimentare.