Lesioni da pressione, l'incidenza sul Sistema Sanitario Nazionale

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Lesioni da pressione, l'incidenza sul Sistema Sanitario Nazionale

Lesioni da pressione, l'incidenza sul Sistema Sanitario Nazionale

Un problema diffuso, che incide sul Sistema Sanitario Nazionale e che andrebbe affrontato in maniera diversa.

Si tratta delle lesioni da pressione. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Giovanna Baccillieri, esperta in Wound Care. L'abbiamo intervistata per capire meglio ed approfondire una tematica troppo spesso affrontata in maniera marginale.

Cos'è una lesione da pressione?

È una lesione localizzata alla cute e/o ai tessuti sottostanti che può essere molto superficiale o interessare tessuti profondi come muscoli, tendini e ossa. La causa principale, da cui la definizione, è proprio la pressione esercitata sui tessuti dal contatto prolungato con una superficie rigida come può essere una sedia, un materasso, o un dispositivo medico. Tale situazione genera una compressione/schiacciamento dei capillari deputati a portare ossigeno ai tessuti, che, senza nutrimento, vanno incontro a danni a volte irreversibili.

Accanto alle forze di pressione, sono delle concause anche le forze di frizione e taglio dovute allo sfregamento della cute su una superficie o dallo scivolamento di tessuti più profondi determinati da errate posture o errate movimentazioni. Tali forze lesive possono sommarsi a fattori di rischio intrisechi alla persona, come ad esempio un deficit della circolazione, l’ipomobilità, l’assenza di sensibilità, la malnutrizione o un alterato metabolismo.

Nei tessuti sottoposti a tali forze lesive si instaura una catena di eventi che, se non prontamente interrotta, può molto velocemente degenerare. Un iniziale arrossamento cutaneo da compensazione, ancora reversibile, se non prontamente individuato e trattato evolve in un danno anche molto profondo. L’interessamento di muscoli e ossa può determinare gravi conseguenze, come necrosi dei tessuti e infezioni localizzate e sistemiche, che possono condurre alla morte.

Sulla base della tipologia di tessuto interessato (epidermide, derma, sottocute, tessuto grasso, muscoli, tendini e ossa), le lesioni si distinguono in quattro stadi: lesioni di I stadio sono considerati gli arrossamenti fissi della pelle, al IV e ultimo stadio le perdite di tessuto a spessore totale con esposizione ossea, tendinea o muscolare. Tale stadiazione, riconosciuta a livello internazionale, non è però sempre facile/possibile da identificare. A volte le lesioni non sono stadiabili poiché i tessuti interessati non sono visibili oppure il danno profondo non è ancora manifesto e la cute, seppur violacea, è apparentemente sana. La necessità di personale sanitario esperto e la formazione, l'informazione e l'educazione anche alla persona e ai suoi familiari possono spesso fare la differenza.

Le lesioni da pressione che incidenza hanno sulle criticità della sanità italiana?

Secondo gli ultimi dati in Italia, quasi 2 milioni di persone sono affette da lesioni cutanee e quasi il 4% dei costi del Sistema Sanitario Nazionale è da imputare alle ferite. Si tratta di una stima in costi di circa 1 miliardo di euro all’anno e una buona parte riguarda le lesioni da pressione. Tali costi sono imputati al tempo del personale sanitario, alle medicazioni, all’aumento delle giornate di ospedalizzazione. Parliamo di un fenomeno enorme anche a livello mondiale. Negli ospedali americani, la comparsa di una lesione da pressione sembra aumentare la durata della degenza ospedaliera fino a cinque volte, con una spesa stimabile che può superare i 10 mila dollari e con un costo totale annuo che sfiora i 5 miliardi.

In Italia il fenomeno è probabilmente sottovalutato. Non sempre la presenza di una lesione da pressione viene segnalata nella documentazione clinica e molte persone a domicilio affette da lesioni con cure fai da te sfuggono alle indagini. Con tali premesse possiamo immaginare quanto la presenza di una lesione da pressione impatti sulla criticità del nostro Sistema Sanitario Nazionale. Il costo maggiore lo pagano però le persone affette da lesione da pressione e le loro famiglie in termini di qualità della vita, di giornate di lavoro perse per le cure (si stima una perdita totale di 500 mila giornate di lavoro l’anno), di sofferenza e di complicazioni. La presenza di lesioni da pressione in persone ospedalizzate ha un significato prognostico sfavorevole e il ritorno al domicilio con una lesione non guarita diventa, oltre a motivo di preoccupazione e di ansia, un impegno oneroso anche in termini di costi. Si stima una spesa a famiglia di oltre 250 euro al mese solo per l’acquisto di medicazioni e dispositivi.

Perché le lesioni da pressione non vengono affrontate in maniera corretta?

Sono stati fatti molti passi avanti nel trattamento delle lesioni da pressione. Medicazioni avanzate e tecnologie oggi possono fare la differenza nella prognosi. Purtroppo c’è ancora troppa disomogeneità di cure nel nostro Sistema Sanitario Nazionale, i pazienti faticano a trovare centri specializzati che si prendano in carico non solo l’ulcera in sé ma anche la persona in toto, con tutti i fattori di rischio e le sue potenziali risorse. L’errore più grande è proprio quello di non valutare il rischio di insorgenza e di puntare solo alla guarigione della ferita o addirittura di sottovalutarla. Se non si abbattono i fattori di rischio, l’ulcera non può far altro che peggiorare e gli sforzi saranno vanificati.

Le lesioni da pressione colpiscono circa l'8% dei pazienti ospedalizzati con picchi di prevalenza fino al 26% e oltre nei reparti di Rianimazione e Terapie Intensive. L’Organizzazione Mondiale della Sanità considera la loro insorgenza come un indice della qualità dell’assistenza in tutti i setting di cura. Non sono più considerate come un tempo una inevitabile conseguenza dell’allettamento e, a parte casi limite, le lesioni da pressione oggi possono e devono essere prevenute. Purtroppo la realtà dimostra che non è sempre così. Nonostante la formazione e la ricerca, la tecnologia a disposizione, il tentativo di standardizzare comportamenti clinico-assistenziali secondo le più recenti raccomandazioni di Best Practice, il tempo dedicato davvero alla prevenzione non è ancora sufficientemente impiegato.

Cosa bisognerebbe fare per evitarle?

Si dice che il tempo dedicato all’ascolto è tempo di cura. Nel caso delle lesioni da pressione lo è anche il tempo dedicato all’osservazione. Lo è il tempo dedicato alla valutazione dei cambiamenti, all’osservazione dei comportamenti, alle modifiche delle condizioni. Devono essere presi in considerazione tutti i fattori di rischio locali e sistemici che potrebbero avere un peso determinante nella loro insorgenza e agire prima.

Ad esempio in un soggetto a rischio allettato e ipomobile non è sufficiente ordinare un materassino antidecubito, il presidio scelto deve essere adatto al rischio calcolato e il suo posizionamento deve essere immediato. Nel caso in cui non fosse possibile, il personale di assistenza deve mettere in atto tutte le manovre di mobilizzazione necessarie ad alleviare le forze di pressione e proteggere ed osservare la cute a intervalli regolari, che non possono essere standardizzati, ma devono essere adattati alla persona. Vanno considerati e gestiti fattori locali come l’incontinenza, l’iperemia, la secchezza della cute. Vanno corretti fattori sistemici come la malnutrizione, l’iperglicemia, l’ipotensione. Vanno considerati la tipologia di farmaci assunti e la corretta posizione dei dispositivi medici o semplicemente la corretta gestione della biancheria.

Solo un'organizzazione attenta e un’equipe multidisciplinare preparata e competente possono davvero fare la differenza e consegnare alla persona e alla sua famiglia il bagaglio indispensabile della prevenzione.

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